Highlord - Hinc Sunt Leones


E se non è determinazione questa, ditemi voi cos'è!!! Ennesimo disco degli Highlord, l'ottavo ufficiale in studio, coinciso con l'ennesima defezione in seno alla line up ufficiale, ovvero l'abbandono "forzato" del chitarrista/fondatore Stefano “Sted” Droetto, che aveva gettato più di un'ombra sul futuro di questa piccola grande realtà di casa nostra che, proprio come in passato, risorge dalle proprie ceneri ancora più forte di prima, e lo fa con un album che, carte alla mano, dovrebbe sancira una volta più che mai, lo stato di predestinati che i nostri sembrano trascinarsi dietro da tanto tempo.
Cambia la fisionomia, ma non di certo quel certo carattere vettoriale, leggasi pure professionalità, che da sempre contraddistingue ogni singola mossa discografica della formazione torinese in questione che dimostra, ancora una volta, di riuscire a confezionare un album di qualità assoluta.
Ed in tutti questi anni di intensa attività, il quintetto ne ha macinata di strada, dovendo magari ingoiare qualche boccone amaro di troppo, ma rimanendo fortemente ancorato ad un credo artistico che, nel tempo, l’ha comunque condotto a consolidare un certo follow up di pubblico e di estimatori di tutto rispetto, e questo grazie soprattutto ad una proposta musicale, oggi sicuramente più versatile e convincente che in passato che, partendo da elementi vicini ad un power metal di fondo, si permea di contaminazioni e diramazioni di natura tipicamente heavy/prog, che danno luogo ad un suono elegante ed elitario, che raggiunge in brani come l’ottima “Wrong side of sanity”, il proprio zenit qualitativo.
Come era accaduto in passato, anche per questa nuova release, il vero ago della bilancia del songwriting degli Highlord, è rappresentato sicuramente dalla perfetta dicotomia di potenza e melodia, che si regge tanto sulla sei corde del chitarrista Marco Malacarne, che non fa rimpiangere il suo predecessore, quanto sull’espressività teatrale del singer Andy Marchisio, uno dei pochi in grado ancora una volta di fare la differenza, tanto che episodi come “Let there be fire”, che ammalia proprio per la sua sinuosità, “One word at time” con le sue pregevoli scansioni sinfoniche, o la perentoria “Be king or be killed”, condita di contrappunti e ricami classic/heavy metal ’80ies style, che metteno in mostra la carica esplosiva di un combo mai domo, elementi questi che potrebbero rappresentare, come dicevamo, un biglietto da visita davvero niente male.
Un album di respiro internazionale, avvalorato da una parte dal marchio Massacre Record, e dall'altra dal mixing ad opera del guru Jens Bogren (Fascination Street Studios), spero davvero non abbia bisogno di presentazioni, e dalla presenza di alcuni co-starring che trovano nell'affascinante Linnéa Vikström, la migliore rappresentante.
Qui ci sono i leoni, se siete pecore, cominciate a correre......
Beppe “HM” Diana
(rockincanavese@yahoo.com)

Anno di pubblicazione: 2016
Etichetta: Massacre Records
Genere: Power Metal

Line up:
Andrea Marchisio - vocals
Marco Malacarne - guitars
Massimiliano Flak - bass
Luca Pellegrino - drums
Davide Cristofoli - keyboards
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